“Cosa ci riserva il futuro sul versante della vaccinazione degli anziani?”. Maura Cambiaggi, Managing Director Seqirus Italia

Dati recenti mostrano che, per gli italiani, l’allungamento dell’aspettativa di vita coincide con un maggior carico di malattie croniche e disabilità. Tra le strategie di prevenzione, qual è il contributo – clinico ed economico – della vaccinazione per rispondere efficacemente ai bisogni di una popolazione sempre più anziana e affetta da multi-morbilità?

La vaccinazione contro l’influenza è sicuramente uno degli strumenti più efficaci per ridurre l’impatto e la diffusione della malattia. L’influenza può mettere a rischio con le sue complicazioni, che possono essere causa di ospedalizzazioni e decessi, coloro che ne sono colpiti. Infatti, le autorità sanitarie di tutto il mondo incoraggiano la vaccinazione annuale, specialmente per i soggetti a rischio e quelli più fragili, come appunto la popolazione anziana. È importante, però, che la vaccinazione venga effettuata secondo un criterio di appropriatezza adeguato alle esigenze del paziente e al contesto sanitario.

L’appropriatezza della vaccinazione influenzale nasce da dati epidemiologici, immunologici, clinici e socioeconomici che, combinati insieme, portano a concludere che per ogni fascia di età c’è il vaccino giusto – a ciascuno il suo. Una vaccinazione appropriata produce un impatto positivo sia per il singolo, in termini di miglioramento della qualità di vita, che per il Servizio Sanitario Nazionale, in termini di sostenibilità socio-economica e di riduzione dei costi indiretti legati alla patologia, come ad esempio la gestione delle complicanze e delle ospedalizzazioni.

Malgrado i segnali di ripresa, le coperture vaccinali tra gli over-65 anche nell’ultima stagione hanno superato di poco il 50%. Senza contare l’aumento dei casi gravi e della mortalità per influenza rispetto allo scorso anno. Quali sono i maggiori ostacoli all’affermarsi della vaccinazione quale strumento principe di prevenzione per garantire più anni in buona salute?

L’esitazione vaccinale è ritenuta tra le principali cause che hanno determinato un calo diffuso delle coperture vaccinali in generale, ed è divenuto oggetto di studio tra coloro che si occupano di sanità pubblica. In particolare, per quanto riguarda l’influenza, ci sono ulteriori fattori che hanno aggravato la situazione. Tra questi la scarsa percezione del rischio della malattia, la pandemia del 2009 e alcuni casi riportati dai media nel recente passato che hanno influenzato negativamente l’opinione pubblica. Fortunatamente il trend negativo nelle ultime stagioni si è interrotto e le coperture vaccinali, soprattutto tra gli anziani, mostrano segnali di ripresa. Una recente indagine svolta dalle Università di Firenze e Genova con l’obiettivo di valutare le conoscenze, le attitudini e le pratiche tra i medici vaccinatori italiani, ha rivelato che questi sono risultati essere consapevoli delle differenze esistenti tra i vari vaccini e del loro utilizzo in base alle caratteristiche del soggetto da vaccinare (a ciascuno il suo). Sono anche tutti d’accordo (93%) sulla necessità di linee guida esplicite sulla scelta appropriata del vaccino, mentre una buona parte (40%) lamenta di non avere ricevuto tutti i vaccini disponibili.

La ricerca in ambito immunologico è in continua evoluzione. Cosa ci riserva il futuro sul versante della vaccinazione degli anziani?

Si vive più a lungo ma bisogna vivere anche meglio e le vaccinazioni giocano un ruolo fondamentale nel raggiungimento di questo obiettivo. La ricerca nel campo dell’influenza sta evolvendo rapidamente con nuovi tipi di vaccini più efficaci, soprattutto per gli anziani, e con metodi di produzione alternativi che aggirano la capacità trasformista dell’influenza. Non bisogna però dimenticare la necessità di effettuare specifiche valutazioni delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment, HTA), considerato l’approccio più corretto e trasparente per supportare i responsabili delle politiche sanitarie nelle decisioni in ambito sanitario. Essendo gli interventi di prevenzione rivolti a persone sane, spesso non si percepisce il beneficio del prodotto (assenza di malattia, riduzione del carico sanitario, e diminuzione dei costi diretti e indiretti correlati alla malattia) e sono visti pertanto solo come costi e non come investimenti che generano benefici a breve e lungo termine.  È auspicabile pertanto che le autorità di sanità pubblica ed i decisori politici facciano scelte basate su valutazioni non solo in termini di riduzione di malattia e complicanze, ma anche di ragionevolezza nell’allocazione delle risorse.