Non c’è più tempo da perdere: un cambiamento possibile per le cure domiciliari – Fabio Vidotto

All’improvviso ci siamo accorti che la migliore cosa che avremmo potuto fare in questo momento di pandemia era quella di gestire le persone fragili al proprio domicilio con un adeguato servizio di assistenza.

Il Governo ora stanzia nuovi fondi…. fissa nuovi traguardi in termini di tassi di copertura. Ci sono però alcuni problemi da affrontare e risolvere e il Prof. Roberto Bernabei nella sua intervista (LinkedinYou Tube) li evidenzia con grande lucidità.

Quale modello organizzativo adottare? Quali strumenti usare? Quali “competenze” servono … e poi …cosa significa adeguato servizio di assistenza?

Come dice il Professore non ci si può improvvisare, ma è fondamentale il ruolo dei manager pubblici e privati nel formulare le giuste scelte organizzative, costruire le competenze e dotarsi di strumenti (di assessment e informatici) all’altezza della situazione.

Secondo noi, il “driver” di questo insieme di cambiamenti deve essere la “persona” che riceve il servizio, e su questo va costruita la visione dei servizi di territorio. L’uomo in quanto organismo complesso, con una molteplicità di “fattori” che lo caratterizzano e che ne condizionano lo stato di salute (e la sua auto-percezione dello stato di salute) richiede risposte articolate, complesse e “personalizzate”. Quindi, se cerchiamo una soluzione, non ci resta che concentrarci sulla persona da assistere e sulle sue esigenze, adottando strumenti di rilevazione della salute sufficientemente ampi e comprensivi da consentirci di fare una “fotografia”, non troppo sfocata della situazione, strumenti informativi e informatici coerenti, un modello organizzativo che “inglobi e regoli tutto questo” e che sia capace di investire sulla formazione costante del personale.

UN MODELLO ORGANIZZATIVO flessibile e capace di modificarsi in relazione al mutare delle esigenze delle persone assistite può essere quindi il punto di partenza del cambiamento. Ma i modelli organizzativi sono fortemente influenzati dai sistemi informativi e informatici che adottano. Un sistema informatico costruito per il “controllo dei tempi” delle prestazioni, il controllo dei tempi dei percorsi, sul risparmio di tempo nella erogazione dei servizi per ridurre i costi, per soddisfare il debito informativo verso altri… è un sistema sbagliato e perdente perché inciderà drammaticamente sulla qualità del servizio e produrrà “cattiva assistenza” e, paradossalmente, non raggiungerà l’obiettivo di ridurre i costi… anzi! Un sistema che mette al centro la persona, che si preoccupa prima di tutto di gestire l’appropriatezza di un progetto di intervento in funzione dei bisogni dell’assistito e della famiglia, sarà invece un sistema che ha dentro di sé il potenziale per realizzare un “adeguato servizio di assistenza”, qualitativamente allineato con i tempi ed “economico”.

Se dotiamo la nostra organizzazione di soluzioni focalizzate sulla persona, che offrono strumenti di assessment accurati e ben implementati, e che favoriscono una presa in carico precoce (quando la persona ha ancora chance di miglioramento) si realizzano modelli di governance territoriale vincenti. Si risponde così alle persone e alle famiglie con servizi proporzionati al bisogno e si riduce l’accesso a servizi complessi e costosi: minori costi di gestione; pieno governo del sistema; altissima motivazione del personale!

Con gli stessi strumenti, peraltro, si accrescono le COMPETENZE degli operatori. Oltre alla formazione continua, infatti, si sviluppano le competenze offrendo loro strumenti adeguati ed “ispirandoli” con modelli assistenziali vincenti. Da questo punto di vista lo capisce chiunque che un assessment di un organismo complesso non si può fare con strumenti semplici che rilevano 5-6 parametri. Né ha senso nascondersi dietro l’idea che la “sensibilità e capacità individuale del professionista” possa sostituire il valore di una équipe multiprofessionale.

Se il fulcro è l’uomo con le sue condizioni di salute, i sistemi di assessment assolvono un ruolo strategico e rispondono alla esigenza pressante di garantire l’equità delle cure. Non è più tempo di inventare ciascuno il proprio metodo. Occorre una via unitaria (almeno regionale) forte e validata, un uso non burocratico dei sistemi, un recupero delle capacità della dirigenza di ispirare il personale con modelli manageriali orientati al risultato.

Fabio Vidotto – CEO Studio VEGA srl

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