Anziani e Long-Covid: le buone pratiche cliniche per la gestione dei pazienti

È ormai noto che il Covid-19 non abbia colpito tutti in egual misura, ma che l’età avanzata e la presenza di malattie croniche pregresse rappresentino fattori di rischio per le forme di malattia più gravi. È il concetto di fragilità, cioè quello stato di vulnerabilità dell’individuo legato sia a fattori di tipo più strettamente medico, sia a variabili psicosociali, che espone agli effetti più sfavorevoli del virus. Oggi è altrettanto noto che le implicazioni cliniche e i sintomi legati all’infezione da Sars-Cov-2 non si esauriscono con la guarigione dalla fase acuta della malattia. Al contrario, possono prolungarsi per settimane (e oltre) con un eterogeneo complesso di manifestazioni cliniche subacute e croniche che precludono un pieno ritorno al precedente stato di salute. Questa condizione, conosciuta come Long-Covid, può interessare qualsiasi persona che abbia contratto l’infezione, indipendentemente dall’età. Ma, per le persone anziane e i fragili le implicazioni cliniche e gli aspetti socioassistenziali da valutare sono molteplici. Per questo motivo, il Long-Covid rientra tra gli ambiti di interesse di Italia Longeva, nella prospettiva di un miglioramento della qualità dell’assistenza e di una maggiore omogeneità dei modelli di presa in carico dell’anziano fragile nelle diverse aree del Paese.

Long-Covid: verso una gestione standardizzata sul territorio nazionale

Il Long-Covid si configura quindi come una prosecuzione dei sintomi della malattia, che possono essere più o meno evidenti. Invecchiamento, difese immunitarie più deboli e presenza di malattie croniche rendono gli anziani più vulnerabili alle malattie infettive, e anche alle sequele del Covid. Ma come diagnosticare e gestire in maniera adeguata chi presenta sintomi invalidanti dopo essere guarito dal Covid? In questi mesi, le singole strutture sanitarie si sono mosse in autonomia per rispondere ai bisogni dei pazienti, operando in modo molto eterogeneo. Per questo motivo, il Ministero della Salute ha finanziato un progetto, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, finalizzato a censire l’esistente e produrre indicazioni standard da seguire. A tal fine, è stato istituito un tavolo di lavoro composto da diversi professionisti (tra cui: geriatri, neurologi, infettivologi, cardiologi, pneumologi, medici di medicina generale, biologi, oltre ai pazienti) che si sono confrontati sul Long Covid, e che hanno prodotto un documento con le “Buone pratiche cliniche per la gestione e presa in carico delle persone con Long-Covid” volte a uniformare l’assistenza ai pazienti sul territorio nazionale.

Il Long-Covid ha un impatto clinico significativo sul paziente e impone un ripensamento dei modelli di presa in carico che generano nuove sfide per la sanità pubblica” commenta Graziano Onder, Professore di Scienze Geriatriche, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. “Il documento elaborato dal tavolo di lavoro guidato dall’Istituto Superiore di Sanità nasce proprio dall’esigenza di definire ‘indicazioni di buona pratica’ in tema di Long-Covid al fine di uniformare i comportamenti organizzativi e diagnostici dei diversi centri Long-Covid sul territorio nazionale e strutturare processi di presa in carico multidisciplinare”.

Anziani e Long-Covid

Per la corretta gestione del Long-Covid negli over-65 è bene tenere in considerazione i sintomi più comuni legati alla malattia e la loro interazione con la quotidianità del paziente. In particolare, secondo le indicazioni di buona pratica dell’Istituto Superiore di Sanità, ai fini della valutazione delle sequele del Covid nelle persone anziane è opportuno includere anche l’eventuale stato di isolamento sociale, lo stato funzionale (cadute), gli aspetti nutrizionali e i sintomi cognitivi.

Infatti, la condizione di isolamento sociale legata Long-Covid, già conosciuta ai tempi del lockdown, oltre a impattare negativamente sullo stato di salute psicologica del paziente anziano, può spesso accompagnarsi ad un aumento dell’inattività e a malnutrizione, con la conseguente perdita di massa e forza muscolare (sarcopenia) che rappresenta un ulteriore elemento di estrema fragilità e vulnerabilità di fronte alle aggressioni esterne.

“Una efficace gestione del Long-Covid nell’anziano non può esserci senza adeguate organizzazione e standardizzazione delle procedure – ha commentato Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva. Innanzitutto, sono necessari un’efficiente rete assistenziale di prossimità e un collegamento efficace tra ospedale e territorio per rispondere ai numerosi bisogni di un paziente fragile e multimorbido, spesso con ridotta autosufficienza. Quello che oggi emerge dalla comunità scientifica è inoltre l’esigenza di uniformare i protocolli di valutazione e gestione del Long-Covid sul territorio nazionale per evitare che le disomogeneità dei modelli di presa in carico si traducano, anche in questo caso, in peggiori esiti di salute per i pazienti”.