La fragilità è un nemico insidioso, ma non per questo deve essere subita passivamente come una condizione ineludibile legata all’avanzare dell’età.
Molte persone anziane sfuggite al Covid ma fisicamente provate da mesi di isolamento forzato, rischiano di essere sopraffatte da una condizione di fragilità crescente che, nel medio periodo, può rivelarsi non meno pericolosa di una vera e propria malattia.
Dal punto di vista medico-scientifico, la fragilità è definita come una condizione caratterizzata da un processo progressivo di crescente vulnerabilità che può portare a un declino funzionale (fisico, psichico, sociale), alla totale perdita di autonomia e persino al decesso.
La fragilità è dovuta a modificazioni fisiopatologiche correlate all’invecchiamento di natura multisistemica (es. multimorbilità, condizioni di malnutrizione, depressione), e si accompagna alla comparsa di sintomi quali debolezza muscolare, riduzione della velocità del cammino, perdita di peso involontaria.
Si stima che sin dai 50 anni, il 72% delle persone presenti sintomi quali stanchezza, pigrizia, minore forza e minore resistenza[2].