“Percorsi assistenziali e aderenza: il ruolo della riconciliazione terapeutica”. Viviana Ruggieri, External Relations, Market Access and Regulatory Director, Servier

I dati mostrano che gli italiani vivono di più ma “invecchiano male”: terza età diviene sempre più sinonimo di multi-cronicità. Quale direzione percorrere per prepararci ad un’Italia che tra soli 20 anni conterà oltre 5 milioni di anziani?

È in corso da tempo un ripensamento del sistema di presa in carico del paziente cronico e poli-trattato rappresentato oggi in prevalenza da persone over 65 anni.  Questo è stato di fatto l’obiettivo del Piano della cronicità approvato a livello nazionale e in via di implementazione in ambito regionale, seppur con modelli differenti e peculiari, che rispecchiano le la storia e le caratteristiche dei singoli territori. Il punto cardine del nuovo modello di presa in carico del paziente cronico è rappresentato dalla creazione di una rete di dialogo attivo e continuo che ponendo il paziente al centro connette le varie componenti del sistema: le strutture ospedaliere, l’assistenza ambulatoriale e la medicina del territorio.

All’interno della rete, con riferimento ai pazienti anziani e fragili, una ruolo chiave dovrebbe essere ricoperto dalla branca geriatrica a supporto della medicina del territorio sia ai fini della valutazione complessiva del paziente in termini clinici che della necessaria riconciliazione terapeutica. L’assenza, infatti, di tale integrazione valutativa può ripercuotersi negativamente sulla continuità assistenziale determinando un aumento del rischio di non aderenza alle terapie e al percorso di cura, soprattutto se l’anziano non è supportato da un caregiver, con conseguente peggioramento dello stato di malattia e maggiore impatto sul sistema in termini di impiego di risorse.

Accanto all’integrazione tra competenze mediche, in cui il fulcro dovrebbe essere rappresentato dalla medicina generale, non va poi sottovalutato il ruolo ausiliario ma di grande valore – che potrebbe essere ricoperto in modo più capillare e omogeneo rispetto a quanto esistente oggi – di altri attori quali i farmacisti di prossimità che, nel quadro della “farmacia dei servizi” sono il primo punto di contatto e di fiducia del paziente cronico. Non da ultimo andrebbe ripensato il contributo che potrebbero dare gli infermieri in ambito di follow-up domiciliare e nel continuum di terapia.

Percorsi assistenziali e aderenza: qual è il ruolo del paziente e della riconciliazione terapeutica?

La riconciliazione terapeutica riveste un ruolo chiave, sia per aumentare l’aderenza alle cure, sia per facilitare la presa in carico del paziente attraverso l’identificazione di una patologia prevalente. Infatti, il paziente con multimorbilità ha difficoltà ad essere seguito da più specialisti, e ciò rende necessaria l’identificazione di una figura che funga da “gestore” delle informazioni sulle condizioni di salute e sul percorso terapeutico del paziente. La promozione dell’empowerment del paziente, vale a dire rendere il malato più consapevole e responsabile nella gestione della malattia, e la disponibilità di un interlocutore cui rivolgersi per sapere come e quando assumere la terapia, rappresentano elementi imprescindibili per avere un aggiornamento terapeutico puntuale sul singolo paziente, con ricadute molto positive sull’aderenza e sui vantaggi clinici che essa comporta.

Quali sono gli ambiti di impegno dell’industria farmaceutica per far fronte alle necessità di pazienti sempre più complessi?

Le industrie farmaceutiche sono uno degli attori del Sistema salute, che contribuiscono attivamente a renderlo più efficace ed efficiente. Prima di tutto, in termini di guadagno di salute: è infatti interesse delle aziende che il farmaco sia assunto correttamente e con il giusto tempo di utilizzo al fine di produrre adeguati outcome di salute. Laddove ciò non avvenga, quando ad esempio un paziente cronico interrompe il trattamento o non lo assume con la giusta continuità  si vanificano di fatto gli investimenti in ricerca e sviluppo dell’Azienda nonché le risorse investite dallo Stato per curare il paziente o per prevenire eventi maggiori.

In questo contesto, le aziende sono da un lato impegnate a promuovere il confronto tra tutti gli stakeholder coinvolti nella presa in carico del paziente cronico, dall’altro investono risorse per rendere disponibili soluzioni in grado di semplificare la gestione della terapia, a beneficio sia del medico che del paziente. Basti pensare alle terapie di associazione che riducono il numero di compresse, alle nuove formulazioni studiate per limitare il numero di assunzioni giornaliere, ai supporti tecnologici sviluppati per favorire un uso corretto dei farmaci e il controllo dell’aderenza alla terapia nel percorso di cura. Questi sono i principali ambiti in cui stanno investendo le aziende, anche in considerazione del fatto che il futuro sarà sempre più supportato da soluzioni digitali, la cosidetta “digital health”, che spingeranno il sistema sempre più alla trasversalità e a riconsiderare la definizione di salute e di terapia.

Iniziative come “Long-Term Care” sono molto importanti per le aziende che operano nel settore, perché offrono l’opportunità di dialogare con tutti gli attori di sistema e condividere esperienze virtuose e soluzioni concrete per contenere l’impatto economico e sociale legato all’invecchiamento della popolazione e all’aumento dei pazienti cronici e polimorbidi. Una sfida che riguarda il sistema di welfare nel suo complesso: la spesa farmaceutica, la spesa sanitaria, ma anche l’ambito previdenziale e dell’assistenza sociale. Questi settori sono estremamente interconnessi e lo saranno sempre più in futuro.

 

NB Le opinioni espresse dall’autore sono ad egli solo riconducibili e non impegnano l’Azienda di appartenenza.